Amarcord

Lun, 14/04/2008 - 00:00

Osservando in campo Fabio Minniti, si aveva la sensazione di essere di fronte ad un calciatore forte senza dubbio, ma soprattutto fino di cervello, e la scaltrezza nel posizionamento, la “pulizia” nell’anticipo, la freddezza, la calma, l’atteggiamento mai sopra le righe ne erano una chiara testimonianza. Solo i migliori sono così, e lui per molto tempo lo è stato, prima che il fato gli voltasse le spalle e il destino si facesse avverso. Tre infortuni uno dietro l’altro e sempre nel momento in cui il momento peggiore sembrava essere ormai alle spalle, avrebbero piegato chiunque, e alla fine, inevitabilmente, anche uno con la tempra tosta come la sua si è lasciato un po’ andare. Ma procediamo per gradi, partendo dall’inizio, dal 1980, dal settore giovanile del Siderno, dove sono stati mossi i primi passi nel mondo del calcio: “Il percorso è stato quello comune a quasi tutti quelli che praticano un’attività sportiva: il vivaio sidernese è stato il trampolino di lancio, poi il resto è venuto strada facendo, un passo alla volta, fino all’esordio in prima squadra nella stagione ’88-‘89, con in panchina mister Persenda. Si è trattato solo di poche presenze, ma tanto è bastato per essere inserito in pianta stabile nella rosa per la serie D dell’anno successivo”. Giocando con continuità, si è ritagliato in modo crescente stima e considerazione da parte di società, allenatore, compagni e, soprattutto, tifosi, che, giovanissimo com’era, lo hanno coccolato al pari di un figlio prediletto: “L’impatto con un campionato impegnativo come quello di quarta serie è stato positivo. Essere partito col piede giusto mi ha dato fiducia e, gara dopo gara, ho acquisito sicurezza e tranquillità, caratteristiche importanti specie per chi è chiamato a misurarsi giovanissimo nel ruolo molto delicato di centrale difensivo”. Le belle prestazioni messe assieme ebbero l’effetto anche di far circolare il suo nome negli ambienti delle nazionali giovanili, così un giorno arrivò la chiamata più attesa, ma non solo...: “Aldo Bet, il ‘ct’ dell’under 18 di quel periodo, mi selezionò per la gara contro la Norvegia che si svolse Varese. Già da sola questa circostanza mi fece sobbalzare dalla felicità, se a ciò si aggiunge il fatto che fu proprio in concomitanza di questo appuntamento che gli osservatori del Torino indirizzarono su di me la loro attenzione. All’epoca il Toro era una delle società all’avanguardia sul territorio nazionale riguardo alla cura ed al livello qualitativo dei vivai, e per me quella considerazione rappresentò un onore”. In breve tempo, da un semplice e generico interessamento, si passò a qualcosa di più concreto e per Fabio Minniti fu prenotato il biglietto, destinazione Torino: “Dopo dei provini, fu il responsabile del settore giovanile granata dell’epoca, il signor Cozzolino, un tipo burbero, tutt’altro che alla mano direi, ma inappuntabile dal punto di vista professionale, a dare l’ok definivo al mio ingaggio e, così, all’improvviso, il sogno di una grande società divenne reale”. Fabio Minnniti, nella Primavera del Toro, tra le altre cose, si ritrovò in buonissima compagnia: “Con me in squadra c’erano Bobo Vieri, Pancaro, Mezzanotti, Della Morte e tanti altri, tutti giocatori che di strada ne avrebbero percorsa parecchia, basta dare un’occhiata al palmares di Christian Vieri e dello stesso Pippo Pancaro, a livello di club quanto di Nazionale. Al primo tentativo, ci cucimmo sulle maglie lo scudetto Primavera, l’anno era il 1990, superando in finale la Reggina, grazie ad un incontenibile Vieri, autore di una tripletta sensazionale che schiantò gli amaranto”. Successo a parte, l’esperienza al Toro, si rivelerà però controversa e dai due volti: alla felicità iniziale per l’ambizioso traguardo raggiunto, seguirà il dolore e la delusione per i successivi avversi sviluppi: “Il biennio torinese mi ha temprato e arricchito sul piano umano e sportivo, su questo non c’è dubbio, ma alla lunga alcuni risvolti negativi lo hanno reso assai travagliato. In breve tempo, dovetti fare i conti in rapida successione con la rottura del tendine della mano, con una distorsione tibio-tarsica e la conseguente ingessatura della caviglia e infine, quando il peggio sembrava ormai alle spalle, con la rottura del metatarso in piena fase di recupero. Una catena di infortuni da non credere, che mi fiaccò fisicamente e moralmente e dalla quale, sostanzialmente, non mi ripresi più. Dopo una lunga e faticosa riabilitazione, il Torino non se la sentì di puntare ancora su di me, c’erano troppe incognite legate alla mia tenuta atletica, pertanto giunto a scadenza di contratto, il rapporto con i granata si concluse”. La botta fu forte da assorbire, il calcio perciò divenne un interesse secondario, lasciando più spazio ad altro, allo studio in primis: “Mi iscrissi all’università e per un po’ lasciai perdere il calcio. Qualche società si fece avanti, Juventina Gela e Fasano in particolare, ma quando tornai a giocare, diedi la precedenza al Siderno. Il rientro fu buono, disputai un discreto campionato e le buone cose fatte indussero il Reggio Gallina, alla ricerca di giocatori di garantire il salto di qualità per tentare la scalata alla C2, a investire su di me. A Reggio, sul piano del rendimento personale fu una grande annata, non altrettanto per la squadra invece e al termine del campionato feci ritorno a Siderno”. Dove nel frattempo si era realizzata la fusione tra l’AC Siderno e la Jonica di Enzo Commisso, società abituata a pensare in grande: “Feci la scelta giusta. Dopo una prima stagione in cui si sfiorò la vittoria del campionato, alla fine sfumata ai rigori nello spareggio a Catanzaro contro il Torretta, al secondo tentativo nel 2001 con Tonino Figliomeni in panchina facemmo centro, riportando il Siderno in Interregionale”. Portata felicemente a termine la missione sidernese, Fabio Minniti fece rotta verso Palmi, un’esperienza che viene ricordata con parole che trasmettono affetto e gratitudine: “Per chi gioca nella squadra del proprio paese, il compito non è mai facile. Se giochi bene non fai notizia, perchè sei del posto e si considera scontato che si dia tutto per la maglia che si indossa, ma se malauguratamente si compie mezzo passo falso, piovono critiche e polemiche. Con questo non voglio dire di essermi trovato male a Siderno - non può essere così quando si trascorrono 12 anni, settore giovanile escluso, al servizio di una squadra -, semmai è un modo per porre l’accento sul trattamento di riguardo a me riservato nella città della piana. A Palmi sono stato accolto a braccia aperte, trovando una società serissima e dei tifosi impareggiabili per calore e sostegno alla squadra, basti pensare che in media i nostri allenamenti venivano seguiti da 150-200 persone. Ricordo con molto piacere quegli anni e approfitto dell’occasione per porgere il mio ringraziamento alla Palmese e a tutti i suoi tifosi”. Rivangando questo periodo felice, l’appuntamento con Fabio Minniti procede verso la conclusione, prima però c’è altro da aggiungere: “A Palmi, in definitiva, la mia carriera è giunta al capolinea. In seguito, tra lavoro e famiglia, non è stato possibile continuare con il calcio. A dire il vero, per un anno a Marina di Gioiosa ho anche provato a combinare più impegni, ma in sostanza ho finito soltanto col rimetterci in termini di stanchezza e di salute: lavorando tutto il giorno e poi allenandomi a tarda sera ho sottoposto il fisico ad uno stress eccessivo ed il risultato è stata una lunga catena di infortuni muscolari che hanno ridotto le mie presenze in campionato al lumicino e accelerato il mio definitivo ritiro”. Prima del congedo, Fabio Minniti offre poi una rapida analisi della situazione odierna del calcio locale: “Seguo l’evolversi delle vicende sportive dall’esterno, ma a prima vista sembra chiaro che il calcio negli ultimi anni sia abbia profondamente mutato volto. Pesano la mancanza di progetti accurati, le scarse risorse economiche, i troppi interessi che si sono ingenerati e che hanno condotto il calcio, anche nelle categorie inferiori, nel ambiguo alveo del business a tutti i costi”. Dopo questa ferma bacchettata, la discussione torna ad alleggerirsi e Fabio Minniti inaugura la galleria dei saluti: “Oltre alla famiglia e ai miei genitori, il pensiero va ai mister che hanno fatto di più per me negli anni in cui ho giocato, mi riferisco soprattutto a Tonino Russo, a Persenda e a Tonino Figliomeni. Tra i compagni, un abbraccio lo riservo a Carlo Bolognino, Gianfranco Telli e a Pizzata. Infine, un saluto a tutto lo staff dell’Alusystem, l’azienda per cui lavoro”.

Autore: 
Angelo Letizia
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