Goel, la Locride che ha fatto breccia nel cuore di Renzi

Dom, 12/03/2017 - 11:08

Ha telefonato il giorno prima chiedendo di essere ricevuto dai consorziani del gruppo cooperativo Goel. “Niente politici” – ha specificato. Vincenzo Linarello, presidente Goel, ha accettato di buon grado l’autoinvito dell’ex premier Matteo Renzi che, lo scorso 1 marzo, dopo un caffè lunghissimo con il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ha fatto un salto nella Locride per conoscere un’ambiziosa e coraggiosa realtà che dal 2003 dimostra come sia possibile promuovere in Calabria filiere produttive di eccellenza, sottraendosi al giogo criminale.
Mercoledì scorso abbiamo raggiunto telefonicamente Vincenzo Linarello perché anche voi possiate avere un quadro più dettagliato del percorso portato avanti da Goel, la cui nascita, non dimentichiamolo, è stata fortemente voluta dall’allora vescovo di Locri-Gerace, monsignor Giancarlo Maria Bregantini.
Diversi lettori dopo il lancio della notizia della visita di Renzi presso il suo consorzio si sono chiesti cosa fosse il Goel. Com’è possibile che il territorio ignori questa realtà?
In realtà c’è chi ne ha sentito vagamente parlare e chi lo conosce nel dettaglio. Il Goel è un gruppo cooperativo di cui fanno parte dieci cooperative sociali, due cooperative non sociali, due associazioni di volontariato, una fondazione e 28 aziende, soprattutto agricole. Il Goel è presente prevalentemente nella Locride ma anche nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Vibo e in provincia di Catanzaro. Ha un valore della produzione aggregato, un fatturato di 6 milioni e mezzo di euro e dà lavoro stabile a 201 persone (dati 2015) a cui vanno aggiunti i consulenti esterni. È una realtà articolata che lavora in diversi settori facendo in modo che le diverse cooperative lavorino insieme in filiere di servizi e prodotti.
Lei ha più volte sostenuto che il mancato sviluppo della Calabria sia il prodotto consapevole di un sistema pensato e voluto dalla ‘ndrangheta e da certa massoneria deviata per creare precarietà e di conseguenza dipendenza. La dipendenza, a sua volta, consentirebbe il controllo delle risorse pubbliche e del consenso. In che modo Goel ha cercato di scardinare tutto questo?
Nel nostro piccolo abbiamo cercato di creare delle risposte alternative e libere a quegli stessi bisogni, risposte che riguardano una piccola parte della popolazione ma che tracciano comunque una strada. A una piccola parte proviamo a rispondere direttamente, agli altri, che sono la maggioranza, indichiamo dei metodi, degli approcci. In particolar modo, abbiamo puntato tanto sulla delegittimazione delle forze criminali. Non c’è un problema solo etico e morale, c’è un problema di risultati. Non ci troviamo di fronte a delle attività criminali che hanno portato ricchezza e sviluppo al territorio. Siamo di fronte a delle realtà che, oltre a essere devastanti, sono inutili. Tutti i percorsi che non sono etici, che non sono virtuosi, che non sono impregnati di valori veri - non solo enunciati e non praticati - oltre che ingiusti sono inefficaci. Viceversa, la tesi che stiamo cercando di dimostrare, non senza fatica, è quella che l’etica non è solo giusta ma efficace. L’etica può dare delle risposte concrete al territorio e più efficaci. Cosa che, invece, non fa la ‘ndrangheta, alla quale riconosciamo un punto debole: è egoista. Il 90% delle risorse della ‘ndrangheta sono nelle mani del 10% degli affiliati. Pertanto è un’organizzazione i cui membri fanno finta di essere solidali tra di loro ma in realtà pochi si accaparrano le risorse economiche di tutta la ‘ndrangheta. Inoltre, la ‘ndrangheta è egoista nei confronti del proprio territorio: se sono vere le stime sui giri di affari della ‘ndrangheta e quei soldi venissero spesi in Calabria, noi vivremmo in Svizzera! In realtà quei pochi che si accaparrano la maggior parte delle ricchezze della ‘ndrangheta le rinvestono altrove, dove rendono di più… al nord, in Svizzera, in Germania.
Anche perché si aspettano uno scambio di potere: se non c’è niente da scambiare, non provano a investire…
Esattamente. Questo loro finto senso di radicamento al territorio in realtà è una copertura per biechi interessi. La ‘ndrangheta pensa solo ed esclusivamente ai propri affari e li ammanta di tutte quelle fesserie, tipo onore e rispetto. Perciò, ribadisco, questo tipo di realtà non è solo cattiva e violenta, è perdente, fallimentare, inutile.
Bisognerebbe che soprattutto i giovani capissero questo grande imbroglio per non cadere nella trappola…
Ed è questo il nostro obiettivo. In realtà occupandoci di turismo responsabile, moda etica, agricoltura biologica cerchiamo di dimostrare una sola tesi: il percorso che la ‘ndrangheta propone non conviene. Il nostro percorso, invece, non è solo giusto ma funziona. Le faccio l’esempio di Goel Bio, la nostra filiera agroalimentare che raggruppa tutti quegli agricoltori che non si piegano alla ‘ndrangheta e che per questo vengono colpiti. Noi abbiamo pensato di metterli insieme per dar loro forza. Non ci siamo posti solo il problema di difenderli dagli attacchi ma anche di dimostrare che hanno fatto la scelta giusta non andando a chiedere protezione ai capibastone. Abbiamo ricostruito l’intera filiera degli agrumi, non solo di produzione ma anche di distribuzione. A fronte dei 5 centesimi che nel nostro territorio  vengono corrisposti per un chilo di arance, la nostra filiera consente ai nostri agricoltori di vedersi ricompensati con 40 centesimi per ogni chilo di arance, il prezzo più alto pagato in questo momento in Calabria. Perciò, se scegli Goel, conviene!
E se qualcuno di questi agricoltori dovesse in qualche modo sgarrare, come si comporta Goel?
È un rischio che si corre. La garanzia assoluta di purezza può averla solo chi non fa nulla. In ogni caso, ci siamo dotati di sistemi di controllo interno. Per esempio, abbiamo un protocollo etico molto rigido che prevede che, nei periodi di raccolta dei prodotti agricoli, vengano fatte delle ispezioni a sorpresa nei campi. Se troviamo un operaio che lavora in nero, l’azienda viene immediatamente espulsa e sono previste sanzioni per danno di immagine a Goel Bio: 10 mila euro per ogni persona non in regola.
È mai successo?
No, però è successo che nel momento in cui avvertiamo che queste sono le regole di Goel, qualcuno sceglie di non entrare.
Negli anni Goel ha subito diversi attentati. Fanno più male i tentativi di delegittimazioni attuati attraverso le intimidazioni o attraverso campagne diffamatorie?
Sono diverse modalità di attacco. Con gli atti di aggressione mafiosa veniamo attaccati materialmente, con le campagne diffamatorie veniamo attaccati nella nostra reputazione, nella nostra immagine. Con il passare del tempo ho imparato a non temere né l’uno né l’altro.  Il nostro sforzo di coerenza è uno sforzo genuino: davvero cerchiamo ogni giorno di migliorarci sentendo su di noi la responsabilità di un territorio che ci guarda come punto di riferimento. Se si tiene la barra ben dritta su una linea di condotta, le aggressioni materiali alla fine si ritorcono verso chi le fa così come le campagne diffamatorie. Nel secondo caso è solo una questione di tempo, ma tutto viene a galla. Nel primo caso, invece, la gente anziché allontanarsi si stringe sempre più attorno a noi. Tante volte rivolgendomi ai mafiosi ho detto: più ci attaccate, più ci aiutate.
Secondo lei, in Calabria, come nel resto d’Italia, è più malato il tessuto imprenditoriale o il sistema delle istituzioni e della politica?
Penso che in Calabria niente sia totalmente sano e niente totalmente malato. Non esiste un sistema imprenditoriale sano e un sistema istituzionale malato o viceversa. Ci sono persone che fanno delle scelte. All’interno delle istituzioni abbiamo gente eroica e gente corretta, stessa cosa nel mondo dell’impresa, come anche del terzo settore. Nessuno può scagliare la prima pietra. Quello che credo sia mancato fino ad oggi è la capacità di chi fa delle scelte sane, di aggregarsi, di non restare isolato, per non essere vulnerabile. È una possibilità che Goel offre, sebbene possa commettere degli errori... ma solo chi non fa non sbaglia.
In Calabria non sembrano esserci vie di mezzo: non è un caso che siamo la prima regione ad avere consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa ma anche la prima regione ad avere amministratori che hanno subito attentati. C’è questa ambivalenza che fa parte della nostra storia.
La politica è più mera vetrina del potere o tavolo di governo dell’economia?
Credo che al momento la politica sia un luogo di governo del potere. La politica è un ingranaggio di quel sistema che ha creato precarietà. La precarietà è diventata uno strumento di governo del nostro territorio, e la politica fa parte di questo sistema. Senza generalizzare, ovviamente, ma è sotto gli occhi di tutti che c’è una prevalenza di questa dinamica.
La visita di Renzi ha a che fare con il lavoro di decodifica del sistema mafioso che Goel  ha svolto in questi anni?
Renzi ha chiesto di incontrarci e conoscere direttamente la nostra realtà. Ci ha chiesto di raccontare anche in futuro la nostra esperienza. Una linea che ci siamo dati come Goel è che  non ci affidiamo a nessuna corrente politica e, nello stesso tempo, non rifiutamo il dialogo con nessuno. Se viene qualcuno a conoscere il nostro percorso e vuole sapere come la pensiamo, noi rispondiamo.
Dunque, siete disposti a trasferire il vostro know how anche altrove, qualora venisse chiesto?
Dietro quello che faccio c’è una motivazione di fede: nel vangelo c’è una frase che mi ha sempre illuminato, ovvero “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Quello che abbiamo compreso durante il nostro percorso, non ha il copyright di Goel.  

Autore: 
Maria Giovanna Cogliandro
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