I ragazzi della Grande Gioiosa

Dom, 13/12/2015 - 16:00
Nella notte tra il 6 e il 7 dicembre scorso un rigurgito di violenza ha colpito la cittadina di Gioiosa, il paese del mugnaio Rocco Gatto al quale lo Stato non assegnò mai una scorta. Nel frattempo nella Marina un gruppo di ragazzi che voleva “solo giocare a pallone” riceve un’interdittiva antimafia.

Esiste qualche nesso tra l’interdittiva antimafia alla squadra di calcio di Marina di Gioiosa e i colpi di pistola sparati contro la macchina del sindaco di Gioiosa Jonica e della sua compagna? Personalmente ho qualche perplessità sull’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Reggio Calabria che rischia di escludere dal campionato di calcio, la squadra di Marina di Gioiosa. Siamo in una zona dove una parte consistente dei consigli comunali è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Le cooperative create dal vescovo Bregantini sono state affossate anche per vicende legate al certificato antimafia mentre esistono circoli, trattorie, bar che sono stati chiusi “perché frequentanti dai mafiosi.”
Fuor di metafora, se questo servisse a sconfiggere la mafia ci potrebbe pure stare ma ho l’impressione che i risultati lascino a desiderare. La ‘ndrangheta è, anche e soprattutto, frutto della disgregazione delle nostre comunità! In un paese civile si sviluppa il confronto per l’egemonia. Nei luoghi in cui c’è uno “Stato” democratico rispettato e legittimato dai cittadini, una politica sana e inclusiva, dove c’è cultura, si pratica sport, si ascolta musica, si coltiva l’arte, si rispetta la natura, la ‘ndrangheta non può esistere e anche se ci fosse qualche tentativo di introdurla la società avrebbe gli anticorpi per il rigetto. Colpire sul serio la criminalità comune o organizzata vuol dire impegnarsi per riaggregare la società. Quando invece lo “Stato” si muove accentuando il processo di devastante disgregazione già in atto, non può che favorire le cosche.
I ragazzi che giocano a pallone, gli ex detenuti o i loro figli che lavorano, i cittadini che, in mancanza di altro, frequentano un bar non sono un pericolo per la società. Il “mafioso”, nella disgregazione in cui affogano i nostri comuni, ha mille modi per farsi “apprezzare e rispettare”. Dove i consiglieri comunali sono umiliati, i giocatori frustrati, i figli dei mafiosi lasciati al loro destino e considerati irredimibili, è più probabile che i ragazzi (e gli adulti) contraggano il vibrione colerico della ‘ndrangheta. Sottolineo che dietro ogni “personaggio noto” che si tenta di intimidire, vi sono i casi di mille cittadini comuni costretti a subire in silenzio le angherie di singoli delinquenti o ad opera delle cosche mafiose. Vi sono rapine, case sventrate, intimidazioni, minacce di morte destinate a non esser mai denunciate e, comunque, a non far mai notizia.
Torniamo a Gioiosa. Una cosa è certa: Salvatore Fuda, sindaco della città, è una persona perbene, un amministratore onesto. S’è trattato di ‘ndrangheta o i colpi di pistola sono stati sparati da qualche balordo? Non saprei proprio dire ma ho una certezza: bisogna diffidare di chi ha già una risposta pronta e confezionata in ogni circostanza e, ancora di più, di chi non aspetta altro che veder volare gli avvoltoi sulle carni di Gioiosa.
Sicuramente c’è da riflettere su questo rigurgito di violenza che colpisce la cittadina della vallata del Torbido dove già si era tentato di intimidire il parroco di S. Rocco. Non bisogna dimenticare che Gioiosa è il paese del mugnaio Rocco Gatto. Un “proletario perbene” un Uomo comune che uomini dello Stato, dopo averlo utilizzato, hanno abbandonato nelle mani degli aguzzini.
Del resto, lo immaginate un mugnaio con la scorta?
Non scherziamo. La scorta è assegnata a molti di coloro a cui la ‘ndrangheta non ha mai sgonfiato neanche la ruota della bicicletta e che sicuramente non correrebbero alcun pericolo perché i personaggi tronfi e vanitosi sono necessari come l’aria alle consorterie mafiose. Nella migliore delle ipotesi e nei casi seri, riescono a proteggere una persona ma lasciano mille al loro destino. Comunque, in seguito al vile assassinio di Rocco Gatto ci fu la prima imponente manifestazione di piazza contro la ‘ndrangheta fortemente voluta dall’allora sindaco della città Ciccio Modafferi. La piazza di Gioiosa, pur grande, non riuscì a contenere le migliaia e migliaia di persone che partendo da ogni angolo della Locride si diffondevano nelle vie laterali del paese. Un grande successo di popolo ma, dopo poco tempo, fu chiaro anche agli orbi che la ‘ndrangheta non era stata neanche scalfita. Era sempre in agguato pronta a colpire. Oggi questo torbido fiume carsico sembra riemergere. Non possiamo limitarci allo sdegno verbale ma abbiamo il dovere di prendere atto che viviamo in una zona dove da un lato non è garantito il diritto alla sicurezza dei cittadini e dall’altro vengono quotidianamente messi in discussione le garanzie costituzionali. Insomma, l’attuale lotta alla ‘ndrangheta può produrre carriere strepitose, fama, potere per alcuni ma determina una vita grama per molti altri. Purtroppo manca la forza, il coraggio, la volontà, la determinazione, l’elaborazione culturale per mettere in discussione una strategia “antimafia” fallimentare. Si continua su una strada sbagliata e - detto sommessamente - l’interdittiva alla squadra di calcio di Marina di Gioiosa mi sembra vada in tal senso. Inoltre occorre - e con urgenza - che la Politica recuperi il proprio ruolo. Un sistema politico-istituzionale intriso di mafiosità sino al midollo non può sconfiggere né la ndrangheta, né la criminalità! Occorre cambiare strada, occorre “de-mafiezzare” il Potere. È questa una lotta che non si vince senza la partecipazione consapevole e appassionata del nostro popolo. Oggi non ci sono le condizioni perché questo avvenga. Ma da questo punto bisognerà partire per attraversare il guado altrimenti - nonostante la vuota e stanca ritualità antindrangheta - partendo dall’interdittiva di Marina non si può che arrivare ai colpi di pistola sparati nella notte a Gioiosa Jonica.

Autore: 
Ilario Ammendolia
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