Ilario avremmo potuto salvarlo

Dom, 23/04/2017 - 09:53
Un solo giornale regionale ha riportato, in un trafiletto di qualche rigo relegato all’ultima pagina, la notizia della condanna di Ilario Primerano, giovane di 26 anni. In fondo, perché parlarne? Certamente il suo nome non è importante... ma la sua storia sì! Alle sue spalle non c’è una famiglia con la griffe di ‘ndrangheta ma l’emarginazione e la sofferenza che si tramanda da generazioni.

Pochi sanno che durante i giorni della Passione antecedenti la “Settimana Santa”, i giudici hanno condannato Ilario Primerano, un giovane di 26 anni, a 12 anni di carcere per tentato omicidio e ne  hanno aggiunto altri due anni a sei mesi perché responsabile di danneggiamento. Abitava in uno dei nostri “centri storici” e in calda notte dell’ottobre del 2015 ha pensato di dar fuoco ad alcune vetture in sosta. Solidarietà massima ai proprietari delle macchine, ma dietro quei fuochi non c’era nessuna estorsione, nessuna intimidazione!
C’era altro!
Infatti, quando i carabinieri sono andati a prenderlo è uscito di casa brandendo un coltello da cucina ed agitandolo in aria ha gridato “ti uccido” ma neanche una goccia di sangue è caduta per terra, non un solo graffio è stato prodotto a persona umana.
Credo sia stato difeso da un avvocato di ufficio e che nessuno abbia mai chiesto una perizia per stabilire se avesse avuto realmente l’intenzione e la possibilità di uccidere qualcuno.
Probabilmente nessuno chiederà mai di metterlo in regime di libertà provvisoria e del resto Lui non saprebbe proprio dove andare fuori dal carcere, e della “libertà” non saprebbe cosa farsene.
Affrontare i carabinieri armati, brandendo un coltello da cucina può significare tre cose: pura “follia”; una implicita invocazione di farla finita ricevendo un colpo di pistola al petto; una implorazione di essere riaccompagnato in carcere per poter poi esclamare “finalmente a casa”! Quest’ultima mi sembra la risposta più credibile.
Un solo giornale regionale ne ha riportato la notizia della sua condanna in un trafiletto di qualche rigo relegato all’ultima pagina. L’ho scoperto per caso! In fondo, perché parlarne? Certamente il suo nome non è importante… ma la sua storia sì! Alle sue spalle non c’è una famiglia con la griffe di ndrangheta ma l’emarginazione e la sofferenza che si tramanda da generazioni.
Un’infanzia negata, un’adolescenza drammaticamente travagliata, una vita bruciata!
Il carcere è la sua vera, unica casa, sicuramente fuori dalla galera Lui soffre ancora di più di quanto non soffra dentro. Perché è terribilmente emarginato fin da quando era bambino, perché è solo,  perché ha sempre abitato in una stamberga pericolante, perché figlio di genitori “diversamente abili”, perché non ha avuto giocattoli, perché parla un’altra “lingua” e ha una diversa “gestualità”.
Solo ed indifeso come lo sono stati i suoi nonni, suo padre e sua madre finché non sono morti.
Il comandante generale dell’Arma facendo rapporto al suo ministro lo conteggerà fra gli “assicurati  alla giustizia” ed il procuratore generale della Cassazione tra coloro che hanno avuto più di una condanna.
Il carcere è il luogo in cui lo Stato - nella sua attuale espressione storica - scarica la propria cattiva coscienza, la nasconde per non farla emergere dall’oscuro pozzo in cui l’ha relegata.
In questo caso la “giustizia”(?) è stata celere come lo sa essere in Italia quando alla sbarra vi sono gli “scarti” della società o gli “eretici”.
Primerano ha solo 26 anni ma alle sue spalle vi sono una decina di mandati di cattura. Se avessimo speso in prevenzione un decimo di quanto abbiamo speso, o spenderemo in futuro, per tenerlo in carcere, processarlo, arrestarlo e trasportarlo come un animale da zoo nelle varie carceri d’Italia, probabilmente lo avremmo salvato. Anzi ci saremmo salvati dall’essere associati a una condanna pronunciata in nostro nome, nel nome del Popolo Italiano.
Ilario Primerano è simbolo di un dramma! Espressione autentica e genuina di uomini, senza volto e senza storia, che la Calabria produce col ritmo di una catena di montaggio e che vivono come pulviscolo atmosferico intorno e accanto a noi e di cui quasi mai ce ne accorgiamo.
Forse, un giorno qualcuno, in carcere o fuori, insegnerà a questo “condannato recidivo” come usare una pistola e lui potrebbe anche prenderlo sul serio.
Finora non l’ha mai fatto!
Qualche giorno, qualcuno dirà che mancano le forze dell’ordine, i cancellieri, i giudici, i processi in video conferenza...
Chiacchiere a tabacchiere! 
La verità è una e una sola: manca la “Politica” in tutta la sua bellezza, con tutta la sua passione, con tutta la splendida e composta “rabbia”. 
La “politica” oggi celebra la religione dei sazi e non si occupa più della “plebaglia pezzente” ma da essa si tiene a debita distanza o ne nega finanche l’esistenza. I “criminali”, come Primerano, vengono processati in silenzio dai tribunali e affidati al “ braccio secolare” senza alcuna speranza di redenzione.
Eppure la “Sinistra” era nata per occuparsi soprattutto di loro, del “Quarto Stato” ormai ricacciato indietro senza neanche “l’onore delle armi”! Invece, oggi i suoi più autorevoli esponenti fanno la  gara per esser invitati, sia pur nelle ultime file, a Cernobbio, oppure ad ascoltare i discorsi ufficiali per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, a sentire la relazione del governatore della Banca d’Italia, a partecipare a un incontro con Marchionne.
In queste occasioni “eccellenze” di varia caratura, toghe ed ermellini, sfolgoranti divise stellate di  medaglie e nastrini, impeccabili gessati, onorevoli e banchieri si danno appuntamento.
Sono costoro l’alfa e l’omega dello “Stato”, i protagonisti veri della vita politica e sociale d’Italia.
Tutto il potere è nelle mani del “partito”, degli iper garantiti, dei novelli “Pierino” dotati di doppi cromosomi.
Quanta tristezza se potessimo volgerci indietro, quando - forse per una moda del momento - abbiamo considerato i “Primerano” “nostri” proprio perché non avevano nessuno, perché non avevano coscienza di classe, perché non conoscevano il “galateo”, perché gli “intellettuali organici” scrivevano libri collocandosi dalla parte dei “Franti” (il cattivo del libro Cuore)! Ripetevamo, riferendoci a costoro, che si erano seduti dalla parte sbagliata perché tutti gli altri posti erano stati occupati. Tracciavamo una naturale alleanza tra il “mondo del lavoro” e il “sottosuolo” di  Dostoevskij, i miserabili di Hugo, gli ultimi di Fra Cristofaro, i ribelli di Spartaco. Insieme per costruire una società più giusta.
Che grande bugia!
Che storica impostura!
Forse un giorno il fiume carsico della storia gonfio della rabbia e delle speranze di un popolo riuscirà a riemergere dalle viscere della terra e a chiedere Giustizia anche in nome degli ultimi del mondo.

Autore: 
Ilario Ammmendolia
Rubrica: 

Notizie correlate