Calabria Bella

Dom, 20/09/2020 - 12:30

Non ho mai sentito parlare tanto della mia Calabria come in quest’estate così particolare. Calabria da scoprire. Calabria selvaggia. Calabria autentica. La regione del “Ci vorrei andare, mi dai un consiglio?”, la regione del “Ci siamo passati per andare in Sicilia”, la regione del “Forse il prossimo anno”, la regione del “Mi manca solo la Calabria”, la regione della ‘ndujia e del peperoncino, della liquirizia e dell’amaro del Capo.
La Calabria manca a molti, a chi non c’è mai stato e non sa di che si parla, a chi non riesce a togliersela dal cuore, a chi ci ha stretto amicizie tenaci, a chi la pensa da lontano e a chi è rimasto o non riesce ad andar via. La Calabria non è solo un luogo d’origine, io sono calabrese ovunque, io sono calabrese sempre, perché la calabresità emigra, si adatta, non passa. La calabresità si tramanda.
Una strana febbre ha colpito la popolazione con propaggini calabresi nel periodo post-lockdown. Gli indecisi, i dubbiosi, gli esterofili, i curiosi, i nostalgici, i cervelli in fuga, gli amici degli amici sono partiti alla conquista della Calabria e la Calabria li ha conquistati tutti. Non ho mai tagliato il cordone ombelicale con la mia terra, sono sempre ritornata per brevi e frequenti soggiorni, ma quest’estate ho trascorso prevalentemente qui le mie vacanze, cogliendo l’occasione di posare un nuovo sguardo su luoghi noti e sconosciuti; e a questi occhi si è dischiuso un mondo.
Siamo fatti così noi calabresi, siamo stanziali, di base. D’estate le famiglie, dalle città, si trasferiscono in blocco nei villaggi costieri, dove si creano delle micro-società assolutamente coese, per le quali il relax in genere si coniuga con la condivisione di uno spazio e un tempo inclusivi, che fanno della spiaggia una sorta di agorà dove incontrarsi, giocare a carte, fare aperitivi, organizzare cene. Gli adolescenti vivono in gruppo una libertà vigilata che, senza soluzione di continuità, da decenni, rende ogni estate epica per le nuove generazioni.
Aspettiamo che arrivino gli amici da “fuori” per visitare la nostra regione. Ci piace esibire agli ospiti la sua bellezza. Vogliamo compiacere chi è con noi e rimanere compiaciuti da tutto ciò che il territorio può offrici: le cene a Pizzo “pieds dans l’eau”, il panorama mozzafiato dalla terrazza di Tropea, le passeggiate in Sila, i pic- nic sul lago Arvo, il rafting sul fiume Lao, i Bronzi di Riace, la gita in gommone, le case dei pescatori a Chianalea. La classica cartolina della Calabria.
Quest’anno ho soggiornato a Locri, la cui magnificenza antica è ampiamente rappresentata dai reperti che affollano le teche nei musei dedicati. Ho potuto godere delle molteplici proposte culturali e della vicinanza con l’Aspromonte, la cui conformazione peculiare mi ha affascinato. Rapita dall’eleganza di Gerace, dove le chiese celano tesori di altissimo artigianato, e di Stilo, con le basiliche bizantine, gli eremi sperduti, le fiumare sullo Ionio, i siti archeologici sulla spiaggia.
Noi calabresi torniamo spesso negli stessi luoghi, per trovare negli sguardi delle persone che ci accompagnano quello che ci ha emozionato la prima volta e scopriamo che lo stupore puntualmente si rinnova. Pazza di gioia tutte le volte che vado al MuSaBa, incredula di ciò che l’estro e il genio artistico hanno saputo fare con questo territorio. Mi sono commossa di fronte ai Calanchi di Palizzi, di cui Gioacchino Criaco ha fatto una descrizione sublime e spietata. Ho apprezzato profondamente la rude autenticità di Bova Superiore, Pentedattilo, e di quei comuni grecanici dove l’accoglienza calabrese è diventata integrazione naturale.
Mi sono tenuta lontana dai luoghi affollati, dalle spiagge infinite, dalle vacanze “stagionali”, ispirandomi ai tanti viaggiatori che in epoche passate si sono avventurati in queste zone, scrivendo indimenticabili diari di viaggio. Una sorta di “grand tour” senza tempo, coniugando eccellenze e frugalità, una Calabria che non teme il “fuori stagione”, bella sempre.
La Calabria è una terra di grandi contraddizioni. Chi la vuole conoscere deve essere pronto alla grande bruttezza e alla grande bellezza, perché entrambe colpiranno il visitatore come uno schiaffo che non si aspetta e una carezza che non sapeva di meritare. Prendetevi del tempo per parlare con le persone dei paesini, per fermarvi a bere un caffè che sicuramente vi verrà offerto, per gustare una granita al sapore di verità. La Calabria si conosce a tavola: pasti ancestrali e cene stellate, tradizioni antiche e sperimentazione, abbondanza e semplicità. Lo stocco di Mammola, la pasta di mandorle, le cipolle di Tropea, le conserve fatte in casa, la ‘ndujia di Spilinga; impossibile rientrare senza un souvenir da gustare al rientro.
Andateci anche voi, ma con calma. La Calabria non ha fretta.

Autore: 
Dorotea Morabito
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